IL DANNO ESTETICO: VALUTAZIONE IN SEDE PENALE

Il codice penale ha considerato il danno estetico nell'art. 583, quale deformazione ovvero sfregio permanente del viso, come aggravante tale da rendere la lesione personale gravissima.

Il codice vigente ha quindi equiparato la deformazione allo sfregio, mentre dal codice abrogato lo sfregio era considerato lesione grave e la deformazione costituiva lesione gravissima. Ciò è avvenuta per ragioni di politica criminale allo scopo di agire col massimo rigore contro le lesioni sfregianti che rappresentano una manifestazione caratteristica di delinquenza in certi ambienti della malavita e comportano un grave danno morale additando al pubblico disprezzo la persona sfregiata (il "marchio d'infamia" sul viso).

Per viso s'intende la parte anteriore del segmento cefalico delimitata in alto dalla linea d'impianto dei capelli, ai lati dai padiglioni auricolari compresi e in basso dal margine inferiore della mandibola. Il collo è escluso. Al vocabolo "viso" corrisponde la parte dell'ovoide facciale che si vede osservando una persona di fronte. Perciò, nel caso di individui calvi, tutte le lesioni situate al di sopra della linea originaria dei capelli ma che si vedono stando di fronte alla persona, rientrano nei limiti del viso.

Sfregio: (ciò che toglie il fregio o l'ornamento) consiste in un'alterazione permanente dei tratti fisionomici che turba sensibilmente l'armonia del viso, rendendola meno bella e meno espressiva.

Qualsiasi sfregio, producendo un danno estetico indelebile e ben visibile reca in sè un danno morale.

Costituiscono sfregi le cicatrici indelebili di ferite da taglio alla guancia (tipiche quelle da rasoio); le cicatrici colorate di ferite inquinate da corpi estranei ritenuti nel tessuto cicatriziale (nerofumo, frammenti di asfalto, vernice di auto) le quali sono visibili anche se di limitata estensione; le lesioni oculari rappresentate da ptosi palpebrale, esoftalmo, strabismo, leucoma corneale, ecc.; le deviazioni o gli avvallamenti del naso da fratture delle ossa nasali; le asimmetrie della rima buccale da paresi del facciale inferiore; l'asportazione di un lobo o di altra parte del padiglione auricolare; la perdita dei denti incisivi, ecc.

Non tutte le alterazioni indelebili dei lineamenti del viso hanno carattere sfregiante, ma si è fatta una differenza tra sfregio permanente, in cui il danno estetico è sensibile ed apprezzabile, e segno permanente il quale essendo poco visibile, non reca un effettivo pregiudizio dell'armonia del viso, ad esempio, una cicatrice sottile e breve o nascosta in tutto o in parte da una ruga.

Il carattere sfregiante di una lesione è legato ai connotati morfologici della lesione stessa, quali la sede occupata nel viso, le dimensioni, la forma, la natura, il colore, la direzione, dipende anche dallo stato anteriore del viso, dalla presenza di rughe, dalla pigmentazione cutanea, infine da fattori legati al soggetto leso, come l'età, il sesso, lo stato civile ecc.

Deformazione: (ciò che toglie la forma, ossia sfigura e deturpa) è determinata da alterazioni di più grave entità, che modificano profondamente i lineamenti del viso cancellandone l'aspetto originario e spesso in modo tale da destare in chi osserva un senso di ripugnanza.

Costituiscono deformazioni le cicatrici retratte, cheloidee ed estese del viso dovute ad ustioni, a causticazioni o radiazioni; i gravi avvallamenti dell'osso frontale; lo schiacciamento massivo della piramide nasale; l'enucleazione di un occhio; l'asportazione del cuoio capelluto (scalpo) o dell'intero padiglione auricolare; le gravi asimmetrie di un'emifaccia da esiti di fratture con schiacciamento zigomatico e mandibolare.

La deformazione, data la sua evidente gravità, non lascia dubbi sulla sussistenza dell'aggravante: in caso di cicatrici irregolari, infatti, potrà nascere l'esigenza di una diagnosi differenziale con lo sfregio, senza alcuna incidenza sulla rubricazione del reato contestato.

Elementi caratteristici:

a) alterazione delle fattezze del viso che determina un grave sfiguramento o un sensibile danno estetico nella deformazione e nello sfregio rispettivamente (elemento fisionomico);

b) localizzazione circoscritta al viso (elemento topografico);

c) natura permanente della alterazione deformante o sfregiante (elemento cronologico).

Lo sfregio vero e proprio ha un quarto requisito, il dolo specifico di ledere al fine di sfregiare (elemento psicologico); negli altri casi lo sfregio deriva da dolo generico o da lesione colposa.

Permanenza: esiste sempre quando vi è deformazione; per lo sfregio, invece, va ricordato che taluni danni estetici di natura funzionale (paresi del facciale, sindrome di Bernard-Horner) possono risolversi gradualmente col tempo e che le stesse cicatrici alle volte attenuano i loro caratteri morfologici e cromatici rendendosi poco visibili e meno antiestetiche.

La possibilità di eliminare o di attenuare il danno estetico con plastiche chirurgiche, con protesi oculari o dentarie o con accorgimenti vari (crescita della barba o dei capelli, uso di pomate cosmetiche) è del tutto irrilevante ai fini della sanzione penale, sia perchè nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario (art. 32 Cost.), sia perchè il precetto e la sanzione della norma penale sono indissolubilmente legati fra di loro e solo così esplicano la funzione intimidatrice contro il fatto illecito in sè.

Se la persona lesa ha invece già provveduto di sua iniziativa a sottoporsi ad intervento di plastica oppure a ricorrere a protesi ne sarà tenuto conto anche ai fini della sanzione penale, considerando che la protesi dentaria elide il danno estetico (non quello funzionale), una plastica ben fatta può escludere lo sfregio permanente, mentre altri interventi, come la protesi oculare, hanno minore efficacia nel riparare il danno fisionomico.

 

IL DANNO ALLA FUNZIONE PRENSILE IN SEDE PENALE

L'organo della prensione è costituito dal complesso muscolo-scheletrico ed articolare di entrambi gli arti superiori, ovvero dai cingoli scapolo-omerali, dalle braccia, avambraccia e mani. Il danno agli arti, e quindi alla funzione prensile, è contemplato espressamente dall'art. 583 c.p., che indica come lesione gravissima la perdita o la mutilazione che renda un arto inservibile.

L'arto è considerato perduto per mutilazione traumatica o amputazione chirurgica totale o sub-totale di esso o quando ne sia abolita la funzione per una paralisi nervosa, in base al principio che la perdita funzionale equivale alla perdita anatomica. Nonostante la duplicità degli arti, costituenti coppie anatomo-funzionali, sussiste l'aggravante anche quando è perduto uno solo di essi.

La mutilazione che rende l'arto inservibile è rappresentata dalla perdita anatomica di una mano, che è la parte più importante, senza la quale l'arto è inutilizzabile non potendo adempiere alla propria funzione.

Lesioni minori, quali la mutilazione parziale della mano, paresi dei nervi ulnare, radiale, mediano, circonflesso, artrosi post-traumatiche o difetti di consolidazione di fratture con limitazioni articolari importanti, alterazioni trofiche vascolari determinano l'indebolimento permanente dell'organo della prensione, fattispecie prevista al punto 2 dell'art. 583 c.p. che realizza la lesione personale grave.

L'entità della menomazione da cui cominciare a considerare evidente l'indebolimento della funzione prensile, è questione quanto mai dibattuta e lontana da una soluzione uniforme.

Se la maggior parte della dottrina medico-legale è concorde nel ritenere che un esito cicatriziale o un callo osseo consolidato non determinano in genere un indebolimento di funzione, se non temporaneo, le difficoltà insorgono per piccole menomazioni che sono purtuttavia ben evidenti (anchilosi di un'interfalangea, amputazione di una falange, valgismo di un gomito), per cui la mancanza di una soglia invalidante oltre la quale considerare significativamente indebolita la funzione risulta foriera di gravi disparità di giudizio.